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L'Arte della Registrazione




L'arte della registrazione
Autore: Raffaele Manari
Edizioni Carrara - 1996

Qualcuno si chiederà il motivo per cui andiamo ad occuparci di un testo che risale a 67 anni or sono invece di trattare testi recenti ed attuali. A questa obiezione rispondo affermando che talvolta certi testi del passato risultano più interessanti ed attuali di quelli nuovi. E' questo il caso de "L'Arte della Registrazione" di Raffaele Manari.
Tutti sappiamo chi fu Raffaele Manari. Nato nel 1887, si diploma in Organo all'Accademia di Santa Cecilia di Roma nel 1914 e nel 1917 viene nominato Professore di Organo presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra. Qualche anno dopo gli viene anche affidata la consolle dell'organo di San Giovanni in Laterano. Organista e concertista di altissima levatura, didatta abilissimo e preparatissimo (tra i suoi allievi ci furono Fernando Germani e Ferruccio Vignanelli), fu anche compositore fecondo ed ispirato, soprattutto per ciò che riguarda l'organo concertistico. Durante la sua attività al Pontificio, fu rinomato per i suoi 'Concerti Storici', in cui venivano presentate musiche organistiche di ogni epoca e di ogni genere, nell'ottica di una divulgazione e di una conoscenza della letteratura organistica internazionale, che fino ad allora era molto poco valorizzata e conosciuta. Profondo conoscitore dell'organo sia dal punto di vista storico che estetico e tecnico, coronò la sua attività progettando e facendo realizzare, nel 1933, stesso anno della sua morte, il grande organo del Pontificio, strumento che rappresenta una sintesi dell'estetica organaria italiana del Dopo-Riforma.
La sua opera "L'arte della registrazione", è la raccolta degli appunti delle sue lezioni tenute al Pontificio nel 1931. La trattazione è divisa in quattro parti: Composizione degli organi antichi e moderni, Norme di registrazione antiche e moderne, Come si registravano le composizioni antiche, Come oggi si devono registrare le composizioni antiche e moderne.
Nelle pagine della prima parte si trova tutto ciò che si deve sapere sugli antichi organi europei, sulle loro caratteristiche tecniche e foniche e sulle musiche che su di essi si eseguivano. Dall'Antegnati a Diruta, da Dom Bédos a Cavaillé-Coll, da Praetorius a Silbermann, troviamo citati tutti i maggiori autori di trattati e di opere riguardanti la tecnica organaria e l'estetica organistica, in un compendio completo ed esaurientissimo che ci da un'idea chiarissima della grande storia dell'organo europeo dalle origini fino al 1900.
Nella seconda parte, invece, vengono presentati diversi ed interessantissimi esempi di come si sia intesa l'arte della registrazione in rapporto sia alla musica organistica sia alle caratteristiche dell'organo nel corso dei secoli. In questa parte si trovano espresse alcune teorie basate soprattutto sull'approfondimento filologico delle caratteristiche storico-estetico-foniche dell'organo che, se nel 1931 potevano essere considerate rivoluzionarie, anche al giorno d'oggi rivestono una grande importanza; ci sono infatti in giro ancora troppi organisti che non hanno ben presente la differenza tra come si deve interpretare la musica barocca francese e quella tedesca. Questo testo è adattissimo per chiarire tutti i dubbi.
La terza parte è decisamente interessantissima. Qui Manari ci propone esempi pratici, desunti da trattati, opere e musiche del passato, di come si registravano le opere organistiche in Europa. Vengono passate in rassegna le varie scuole organistiche e per ciascuna di esse viene fornito un grande numero di esempi e consigli. Il fatto che le ricerche e gli approfondimenti che dal 1931 ad oggi sono stati effettuati in questo campo hanno confermato tutto quanto Manari ci propone in questo libro, ci conferma che l'Autore aveva intrapreso la strada giusta per cominciare anche in Italia quell'opera di approfondimento serio e ragionato che porterà poi, ma solo dopo qualche decina di anni, alla grande riscoperta dell'organo classico.
L'ultima parte, che riporta consigli su come registrare le opere degli antichi autori sugli organi moderni, è l'unica che appare, ovviamente, datata. D'altra parte non era ancora il momento per una visione rigidamente filologica dell'interpretazione organistica. Solamente l'anno precedente, nel 1930, si era svolta l'Adunanza di Trento, che era riuscita, proprio sotto la spinta di Manari, a tamponare quegli eccessi della Riforma che avevano praticamente cancellato una buona parte di storia dalla faccia dell'organo italiano. Diciamo che se in alcuni punti vengono esposte teorie che oggi possono sembrare del tutto superate, in altri si intuisce che il fine ultimo dell'Autore era proprio quello di preparare la strada per una rivalorizzazione delle caratteristiche storiche dell'organo. In alcuni punti della trattazione, addirittura, traspare la netta sensazione che Manari fosse ben cosciente del fatto che i tempi non erano ancora maturi per una netta opera di rivalutazione storico-estetica dell'organo e che si limitasse volutamente nell'esposizlone delle sue teorie al fine di non ingenerare confusione e, visto il momento, polemiche che avrebbero reso vano il lavoro da lui fino ad allora svolto.
Al termine del volumetto ci sono due interessanti appendici. La seconda di queste rappresenta addirittura una piacevole sorpresa, poichè raccoglie le disposizioni foniche di alcuni dei maggiori organi europei di quel periodo. Tenendo conto del fatto che la maggior parte di tali strumenti da allora sono stati distrutti e/o rimpiazzati, oppure sono stati pesantemente modificati, è un piacere poter conoscere la disposizione fonica originale dell'organo del Duomo di Milano (Antegnati 1579), del Duomo di Brescia (Antegnati 1608), della Cattedrale di Rouen (Clicquot 1689), di St. Sulpice a Parigi (Clicquot 1781), di Notre-Dame di Parigi (Thierry 1733), di Santa Maria di Danzica (Antonio 1585), della Frauen-Kirche di Dresda (Silbermann 1736) e di diversi altri strumenti di cui oggi si sono pressochè perse le tracce.
Edito nel 1996 dalle Edizioni Carrara, con prefazione di Arturo Sacchetti, questo volume di poche pagine ma di tanto contenuto, rappresenta una sorta di ritorno alla base, una riscoperta dei criteri fondamentali dell'attuale estetica organistica italiana ed europea. Lo consigliamo con piacere a tutti coloro che amano questo strumento.



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