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Organista a domicilio




Organista a domicilio
Autore: Egidio Bonomi
Edizioni De Ferrari Comunicazione S.r.l. - Genova - 2017

Abbiamo già parlato di Giorgio Questa su questo sito, dapprima in questa pagina, in cui trattavamo di un paio di video postati su Youtube da parte della sua allieva Maria Grazia Amoruso, erede del suo strumento, e poi in una recente pagina dove recensivamo due interessanti dischi incisi dalla stessa Amoruso alla tastiera dell'organo del Maestro e nei quali ella ripercorre gli itinerari musicali che Questa aveva praticato in tutta Europa nell'ambito di centinaia di concerti che avevano riscosso enorme successo e considerazione, successo che Maria Grazia sta riscuotendo a sua volta sulle orme di una figura "particolare" della musica italiana, tanto particolare da esulare dai canoni abituali della musica organistica per espandersi ben più ampiamente nella sfera della musica europea del secolo scorso.
L'autore pone "Vita e carriera del grande concertista Giorgio Questa" come sottotitolo al suo libro e balza subito agli occhi l'utilizzo della parola "concertista" al posto di quella "organista", che logicamente dovrebbe essere utilizzata per un personaggio che all'organo ha dedicato una vita intera, tanto appassionato -ed al tempo stesso insoddisfatto- da costruirsene uno suo e personale, realizzato, pezzo per pezzo e canna per canna, tutto in legno e sul quale si esibiva portandoselo appresso, in una specie di grande "scatola di montaggio". In effetti, Giorgio Questa non fu un "organista" nel senso in cui da qualche secolo si definiscono comunemente i musicisti che si dedicano a questo strumento. L'organista è, per definizione, un musicista che "adatta" la sua arte interpretativa (ed il suo repertorio) allo strumento che deve suonare. Giorgio Questa, invece, "odiava" musicalmente gli organi a trasmissione pneumatica od elettrica; questo non per motivazioni "strane" ma, semplicemente, perchè la sua personalità musicale privilegiava il suono il più possibile prodotto dal tocco delle dita sui tasti, diretto, immediato, senza "intermediari" e, soprattutto, immediata e fedele espressione di quello che "davvero" le dita suonavano sulla tastiera. Giorgio Questa amava "costruire" i suoni e, sotto questo punto di vista, era molto più vicino ad un flautista (o ad un violinista) che ad un organista, e questo suo atteggiamento, che spesso rasentava la maniacalità, fu da una parte il grande valore che lo fece diventare -appunto- il "grande concertista" citato nel sottotitolo mentre dall'altra parte (quella degli "organisti") egli fu spesso visto e considerato (anche a causa di alcune sue "intemerate" nei confronti di esponenti anche eminenti del concertismo organistico) perlomeno come un "tipo strano", un solitario con idee bislacche, arroccato su posizioni per quei tempi ddefinite "vecchie" e superate. Eppure, più o meno negli stessi anni, sulla scia di quanto già stava avvenendo in altri Paesi Europei (particolarmente in Germania), anche in Italia si stava formando una coscienza organistica che muoveva i primi passi verso la valorizzazione degli antichi strumenti, la riscoperta delle musiche di autori dimenticati da tempo (soprattutto i rinascimentali) e spuntavano già i primi organi "ispirati" all'organaria classica italiana. Questo avveniva soprattutto per opera di Tagliavini, che in questo campo è stato uno dei fondatori di questo movimento, ed è assai strano che tra i due -il libro di Bonomi non ne fa accenno- non ci sia mai stato neppure un piccolo punto di contatto od un'occasione di confronto poichè, in definitiva, gli scopi che i due musicisti si prefiggevano erano fondamentalmente gli stessi. Certamente, la fama di entrambi faceva si che essi non fossero ignari l'uno dell'altro, ma -forse- essi appartenevano a due mondi diversi che, pur perseguendo gli stessi obiettivi, percorrevano strade parallele (e, come ben si sa, due rette parallele non si incontrano mai).
Il libro che Egidio Bonomi dedica a Giorgio Questa si discosta abbastanza dalle normali biografie; in effetti sarebbe stato molto facile buttare giù un'asettica cronologia di fatti, avvenimenti e concerti ("Giorgio Questa nasce a ....." e via citando) ma una tale banalità non gli avrebbe reso nè giustizia nè merito. Bonomi imposta la biografia sui documenti che più scavano -e spesso scavano davvero in profondità- nell'animo del Maestro: la corrispondenza. Da quest'operazione nasce non una biografia, bensì un ritratto a tutto tondo, a tinte spesso forti ma ricchissimo di nuances che ci fanno andare oltre la considerazione del musicista per aprirci l'orizzonte dell'uomo, un uomo che agli enormi pregi coniugava -come tutti noi- grandi difetti, difetti che spesso venivano da lontano (l'apparenza burbera, il carattere a prima vista spigoloso e tagliente ma fondamentalmente di un altruismo -soprattutto nei confronti dei suoi allievi- a tratti davvero disarmante) e che affondavano in una serie di lutti famigliari (una sorella morta giovanissima a causa di un incidente stradale, la morte prematura del padre e, discriminante in modo definitivo, la morte della moglie dopo pochi anni di matrimonio e due gravidanze non portate a termine) che lo portarono ancora giovane (aveva allora 41 anni) a "seppellirsi" nella musica insieme al suo organo, dedicando da allora in poi ogni momento della sua vita alla Musica, quella con la emme maiuscola.
Attraverso le lettere citate e riportate nel libro, entriamo nell'animo di Giorgio Questa, nel suo mondo musicale e nella sua personalità; queste lettere, ora dolci nei confronti delle persone a cui volle bene, ora rigorosissime quando affronta temi musicali con le grandi personalità europee con cui condivideva le sue avventure ed i suoi concerti, ora taglienti e spesso immotivatamente ipercritiche nei confronti di alcuni personaggi dell'organo di cui non condivideva la visione e gli atteggiamenti, ci appaiono come tanti pezzi di un puzzle che l'autore del libro pazientemente cerca, trova e mette al posto giusto fino a darci -cosa di cui ci si rende conto solo alla fine della lettura- un quadro vivo, una tela su cui ogni pennellata ha una sua motivazione ed un suo scopo e che nella sua ricchezza di chiaro-scuri, spesso aspramente confliggenti tra di loro, vede emergere una figura netta, definita ed imponente, la figura di un "musicista" (e non di un "organista") che ha messo in pratica, sulla sua pelle e con tutte le conseguenze del caso, quella che dovrebbe essere -alla fine dei conti- la "mission" di tutti quelli che per davvero vivono "una vita per la Musica".
Non vi anticipiamo nulla del contenuto di questo volume (oggi si direbbe che altrimenti faremmo "spoiler") perchè non vogliamo privare il lettore del piacere della scoperta, pagina per pagina, di questo artista.
Centotrentacinque pagine, una curata ed elegante veste tipografica, diciotto capitoli ricchi di testimonianze, notizie e ricercata iconografia, il tutto con una sentita ed affettuosa Prefazione a firma di Maria Grazia Amoruso, che di Questa è erede sia spirituale che musicale e che ha tuttora in cura e custodia l'organo del Maestro e -come lui- ha ripreso l'attività di "portarlo in giro" per l'Europa in concerti e performances di grande interesse, facendone rivivere -per quanto possa essere possibile- lo spirito e l'anima.
Una bella iniziativa editoriale che merita una grande considerazione ed un'attenzione particolare soprattutto da parte di quei tanti organisti di oggi che di Giorgio Questa non hanno mai sentito parlare ma che dalla sua vita, dalla sua opera e dalla sua passione per la Musica hanno solo da imparare.



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