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Pageant di Leo Sowerby




From Youtube: Pageant di Leo Sowerby

di Federico Borsari

Abbiamo già trattato su queste pagine due interpretazioni di questo brano. Per chi ha la nostra età, questo pezzo di bravura organistica è strettamente legato alle trasmissioni televisive del sabato sera degli Anni Settanta del secolo scorso quando lo ascoltammo per la prima volta interpretato da Fernando Germani (a cui è dedicato) e del quale ci procurammo la settimana seguente l'incisione sull'ormai "storico" vinile Cantata per Venezia.
Su Youtube sono presenti diverse interpretazioni di questo fantastico brano e le due che abbiamo già trattato sono, rispettivamente, quella -appunto- del Fernando nazionale (che trovate qui) e quella di Joyce Jones (che trovate qui).
Leo Sowerby è stato uno dei maggiori compositori statunitensi del secolo scorso. Nato nel 1895, fu un precocissimo musicista (la prima esecuzione pubblica di una sua opera avvenne a Chicago nel 1913, quando aveva appena diciotto anni) e valentissimo organista e direttore di coro dapprima alla Fourth Presbyterian Church di Chicago, poi -sempre a Chicago- alla St.James Episcopal Church ed infine, con incarichi diversi, alla Washington National Cathedral. Morto nel 1968, ha lasciato un cospicuo numero di composizioni di diversi generi e stili tra cui cinque sinfonie per orchestra, musica da camera per formazioni strumentali di diverso genere, sonate per strumenti solisti ed orchestra, cantate ed inni sacri, diversi brani per strumenti vari ed organo e, ovviamente, composizioni per organo solista tra cui, composto nel 1931, il brano di cui parliamo oggi, il cui titolo completo, per la precisione, è Pageant of Autumn, for organ e che reca il numero d'opus H.234. Dedicata, come detto, a Fernando Germani, questa composizione si distingue per una parte solistica di pedale che definire "virtuosistica" è assai riduttivo non solo tecnicamente ma anche interpretativamente; in effetti al virtuosismo veramente esasperato della pedalazione si unisce una complessità ritmica che rende veramente difficile non solo la pura e semplice esecuzione ma, soprattutto, l'interpretazione, esponendo gli organisti ad una grande mole di rischi, molto spesso nascosti tra le pieghe della partitura, che solamente i grandi e più scafati interpreti riescono agevolmente a padroneggiare. A questo proposito, personalmente, le due interpretazioni che maggiormente riteniamo veramente aderenti alla partitura ed al suo spirito (oltre a quella di Germani, ovviamente...) sono quella, straordinariamente chiara e precisa, di Arturo Sacchetti (registrata nel 1987) all'organo della chiesa di S.Geraldo a Maiella di Roma, che trovate sul Cd Organ Music in America edito dalla Arts Music nel 1996 (Arts 47272-2) e quella di James Edward Goettsche (statunitense ed allievo di Germani...) "catturata" live audio durante un concerto alla Basilica di Santa Francesca Romana al Foro Romano di Roma nel 1984 (l'audio è di scarsa qualità ma la bravura di Goettsche la si sente comunque tutta...) che trovate qui sotto:



A seguire, riteniamo molto interessante e molto ben realizzata quella di Peter Rogahn all'organo della Broadway United Methodist Church di Indianapolis:



Un gradino più in basso troviamo altre interpretazioni di buon interesse e valore musicale. Tra esse ci pare molto buona (ma con una riserva circa la scelta delle registrazioni) quella (solo audio) del compianto Peter Baicchi all'organo del Mormon Tabernacle di Salt Lake City:



Ci fa poi molto piacere trovarne una assai accurata (anche se con qualche errore di troppo) del nostro bravo Simone Gheller:



Le rimanenti performances le lasciamo per ultime poichè, a nostro parere, pur presentando differenti metodi di approccio alla partitura derivanti da scuole diverse ed essendo comunque di discreto livello, dimostrano come questo brano nasconda insidie interpretative assai pericolose. Se David Arcus le affronta e le supera assai agevolmente, John Richardson lascia molto più a desiderare mentre assai significativa è la performance (peraltro tutta a memoria) di Chiemi Watanabe (che proponiamo per ultima) la quale, volendo strafare, cade malamente in tutte le trappole del pezzo e, dopo averne perso subito di vista la quadratura ritmica, lo porta alla fine in un turbinìo vorticoso di note senza capo nè coda, dimostrando di non averci, in definitiva, capito nulla. Tanta tecnica e zero sensibilità musicale non fanno un'interprete, fanno un disastro.









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