Abbiamo visto come in precedenza piuttosto lenta sia stata l'evoluzione tecnica
dell'organo dalle sue origini, come strumento propriamente detto, fino quasi alla metà del
diciannovesimo secolo. Questo fattore derivava dalla trasmissione meccanica; tramite
bilancieri e contrappesi si era cercato di ridurre lo sforzo che le dita dovevano esercitare sui
tasti per muovere diverse decine di metri di catenacciatura, ma tutto questo nulla poteva contro
il principio stesso della trasmissione meccanica, che, per perfetta che potesse essere, non
riusciva a fornire adeguate risposte di immediatezza, precisione e affidabilità quando la valvola
da aprire si trovava a più di dieci metri di distanza e, soprattutto, quando le valvole da fare
aprire con la pressione di un dito su di un tasto erano più di un certo numero. Si era così
arrivati ad un punto morto in cui gli organari, soprattutto francesi, pur trovando di fronte a loro
aperte diverse ed interessantissime prospettive di evoluzione, erano impossibilitati ad attuarle.
E' altresì interessante vedere come anche il panorama musicale europeo stava
cambiando. Non staremo a ripetere le vicende della musica ottocentesca; ricorderemo solo che
è in questo periodo, a cavallo tra il sette e l'ottocento, che si diffonde, a tutti i livelli, la musica
operistica. L'Opera diventa ben presto il genere musicale più richiesto e più amato ed anche
l'organo deve subire le inevitabili conseguenze di questo cambiamento, che sono mirabilmente
espresse nelle composizioni dei musicisti italiani, opere che molto spesso sotto titolo di
carattere ed ispirazione religiosa nascondono stili di vere e proprie musiche di scena, nonchè
nelle opere di Léfébure-Wely, il compositore ed organista francese che meglio di ogni altro
seppe trasportare gli stili operistici nel campo fino ad allora abbastanza austero della musica
organistica. Non è del tutto sbagliato dire, a questo proposito, che tutto questo tolse l'organo
dal suo piedistallo, costituito dalle tribune delle cantorie, e lo portò in mezzo alla gente.
Ed è in questo contesto che gli organari si vedono schiudere nuove prospettive di
lavoro e di evoluzione. La musica orchestrale, i concerti, le audizioni pubbliche diventano una
cosa normale ed anche l'organo, prima religioso, liturgico, polifonico ed armonico, diventa
melodico, laico, orchestrale e descrittivo. In quest'ottica era normale che le foniche e le
timbriche fino ad allora utilizzate si rivelassero non più sufficienti; l'organo tendeva infatti a
diventare un insieme entro cui fossero rappresentati tutti gli strumenti dell'orchestra e che
potesse sfruttare queste voci proprio come un'orchestra. Ecco quindi la necessità di nuovi tipi
di registri, di nuove ulteriori tastiere su cui sistemarli, di accorgimenti atti a rendere espressivo
il suono dell'organo che, per definizione (lo abbiamo visto nei primi capitoli) non lo è (per
espressività si intende la possibilità di modificare gradualmente l'intensità del suono da piano a
forte e viceversa).
Ecco quindi il punto morto di cui parlavamo in apertura: grandi prospettive di mutamento e di
evoluzione non supportate dall'evoluzione tecnica necessaria a renderle attuabili.
L'evento tecnico che fornì la possibilità di effettuare il salto qualitativo che da tempo si
prospettava fu l'invenzione, da parte di Barker, della leva pneumatica.
Tale dispositivo serviva per utilizzare la forza dell'aria compressa per azionare meccanismi per
il cui funzionamento si sarebbe dovuta impiegare una notevole forza meccanica. Questo
dispositivo si rivelò particolarmente utile per sostituire il vecchio tipo di trasmissione meccanica
con un nuovo metodo, chiamato 'Trazione Pneumatica', che eliminava tutte le catenacciature,
sostituendole con una serie di tubicini e piccoli mantici che provvedevano a trasmettere il
movimento delle dita sui tasti alle valcole delle canne senza dover utilizzare parti in
movimento intermedie; a questo punto venivano superati due ostacoli fino ad allora
insormontabili: la durezza delle tastiere quando dovevano azionare un grande numero di
registri suonanti contemporaneamente ed i limiti di estensione della lunghezza della
catenacciatura, oltre i quali l'organo non poteva più funzionare.
Anche se apparentemente complesso, questo sistema trasmissivo si rivelò ben presto
la chiave di volta per l'evoluzione dell'organo da classico a sinfonico. In effetti potevano essere
utilizzate tubazioni di lunghezza anche notevole senza che si verificassero ritardi di
funzionamento apprezzabili e lo sforzo delle dita sulle tastiere era sempre e solo quello di
azionare una piccola valvola.
Questo sistema fu applicato sia alle tastiere che ai comandi dei registri e questo portò
alla costruzione di organi molto grandi, in cui quattro e cinque tastiere potevano essere
agevolmente utilizzate ed i cui corpi d'organo potevano essere situati anche a diverse decine di
metri di distanza dall'organista. Le tastiere rimanevano morbide ed agili anche con tutti i registri
inseriti e si poterono moltiplicare quei dispositivi di combinazione che in precedenza erano
presenti in misura molto ridotta. Tra questi sistemi divenne universale la 'Combinazione
Libera', che consisteva nella possibilità, premendo un solo pulsante, di modificare le
combinazioni dei registri su tutte le tastiere e sulla pedaliera contemporaneamente. Su alcuni
grandi strumenti si installarono più combinazioni libere (si arrivò ad averne anche sei), il che
permetteva all'organista di avere svariate possibilità di cambiamento istantaneo di timbri
azionando un solo comando.
A queste innovazioni se ne aggiunsero altre, che riguardavano i somieri ed i vari
piccoli meccanismi che rendevano molto affidabile la trasmissione pneumatica. Si
perfezionarono i somieri, soprattutto ad opera di organari inglesi, fino a raggiungere un grado di
precisione e funzionamento che garantiva tempi di risposta pressochè immediati ed
inconvenienti di ridottissima rilevanza. Allo stesso modo, anche i mantici subirono una radicale
evoluzione. Si dovettero creare apparati di manticeria separati per alimentare l'organo
propriamente detto ed altri per fornire l'aria compressa per il sistema trasmissivo.
E' ovvio che anche nel campo delle foniche l'organo subì una radicale evoluzione. Le
voci propriamente organistiche, come i Principali ed i suoi derivati, sparirono quasi
completamente e vennero privilegiati i registri di tipo orchestrale. E' comunque da tenere
presente che questa evoluzione timbrica non si espanse allo stesso modo in tutta l'Europa. In
Francia si trattò solo di un perfezionamento molto spinto di quei registri di tipo solistico che la
tradizione organaria francese già aveva adottati nel secolo precedente, perfezionamento a cui
si aggiunse la creazione di alcune nuove famiglie di registri, soprattutto ad ancia. Nell'area
germanica, oltre al perfezionamento dei registri tradizionali, si realizzarono alcuni tipi di registri
a forte e fortissima pressione, così come in Inghilterra, soprattutto ad opera di Willis, si
costruirono strumenti che per grandezza di dimensioni, maestosità di suono e ricchezza di
foniche, nulla avevano ad invidiare a vere e proprie grandi orchestre. In Francia, in questo
periodo, il più geniale costruttore di organi fu Aristide Cavaillé-Coll mentre in Italia fu Carlo
Vegezzi Bossi che riuscì ad imprimere all'organo un movimento di rinnovamento tecnico in cui
le sonorità tradizionalmente italiche venivano unite alle nuove tecnologie trasmissive.
E, naturalmente, questa rivoluzione organaria portò i suoi effetti anche sugli organisti e
sulla produzione organistica. Nel periodo che va dalla seconda metà dell'ottocento fino agli
anni '30 la produzione di composizioni organistiche è immensa. Questo è anche il periodo dei
grandi concertisti e dei compositori-organisti che, oltre a svolgere le loro mansioni al servizio
della liturgia, portano in giro per il Mondo la loro arte, arricchendo la letteratura musicale
organistica di una mole di opere che da sola eguaglia e supera tutta la produzione dei secoli
precedenti.
Torna all'Indice Storia
Torna all'Indice Categorie
Copyright "La Pagina dell'Organo" - 1996-2010
|