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Breve storia del recital organistico

di Sandro Carnelos




Con il termine di origine inglese recital - che letteralmente significa racconto, relazione, - si designa l'esecuzione musicale pubblica solitamente di un solista, mentre per "concerto" o "accademia" s'intende un trattenimento musicale sostenuto da un gruppo cameristico oppure sinfonico. Accademia è un termine desueto, di cui oggigiorno nessuno più si avvale, essa poteva essere vocale o strumentale e nel passato spesso gli strumentisti si incaricavano di pianificarla assumendosi l'incombenza delle spese e acquisendone ovviamente il profitto. Di solito, il solista di turno, vi esibiva proprie composizioni, con il "contorno" di altri musicisti, quasi sempre vi era la partecipazione di uno o più cantanti che generalmente offrivano all'auditorio brani noti tratti dai melodrammi più in voga. Abitualmente, il protagonista oltre al proprio repertorio improvvisava su temi proposti dai presenti, dimostrando quindi di possedere tutti i numeri per potersi definire musicista a tutto tondo. Tutto questo discorso, calza a pennello con la ricostruzione storica del pianista-concertista, può andare bene anche per l'organista? Sicuramente, anche nella storia del concerto per organo troviamo degli elementi comuni, in primis l'arte dell'improvvisazione, mantenuta in vita anche odiernamente da diversi artisti e insegnata in varie istituzioni musicali private e statali, prassi praticamente scomparsa nel concerto pianistico.
Il recital come noi l'intendiamo è in ogni caso una creazione che va assegnata in gran parte a Franz Liszt, cioè legato allo sviluppo del pianoforte in pieno Ottocento. Però, ben prima dell'affermazione del pianoforte, sappiamo che gli organisti di fama, venivano invitati a collaudare con la partecipazione del pubblico i nuovi organi che venivano collocati nelle varie comunità. Vasta sarebbe la documentazione che si potrebbe citare, concernente la stesura degli atti di collaudo, senza parlare della parte relativa alle recensioni illustranti (talvolta con enfasi) l'evento. Generalmente, a questa prassi prendeva parte, una commissione dalla comprovata esperienza, la quale aveva il compito di saggiare la "macchina sonora" in tutte le sue parti, costruttive e foniche, il tutto alla presenza della cittadinanza, stendendo in seguito un giudizio in cui manifestava il proprio parere sulla bontà della realizzazione, con il potere in alcuni casi di chiedere eventuali modifiche strutturali e/o proporre riduzioni sulla retribuzione da versare al costruttore. Siamo di fronte pertanto ad una manifestazione pubblica, che coincideva con il concerto d'inaugurazione, oggi però si preferisce scindere le due cose. Per il collaudo, come dicevo innanzi, venivano chiamati organisti di chiara reputazione, i quali necessariamente entravano in gara tra di loro, una dimostrazione concreta dunque sicuramente non comune per la vita della collettività, anche perchè non capitava certo tutti i giorni. Altra cosa era invece il concorso per occupare una certa tribuna, magari prestigiosa. L'assegnazione d'insediamento quale titolare in una chiesa, di solito avveniva attraverso l'audizione dei vari candidati da parte di una commissione giudicatrice, unitamente a tutta la popolazione; con determinate verifiche, gli aspiranti dovevano dar prova della propria valenza convincendo entrambe.
Il collaudo ed il concorso rappresentano quindi l'antecedente del recital? Alcuni elementi, a dire il vero li ritroviamo, quali:
- l'esperienza di poter ascoltare valenti strumentisti, magari stranieri;
- l'interesse generato dalla scoperta di personalità artistiche differenti e di metterle a raffronto.
Oltre a queste due esperienze musicali, dobbiamo associare l'esibizione quotidiana (o quasi) dell'organista titolare, specialmente quando questi era di una certa levatura. Val la pena di ricordare a questo proposito che anche un musicista provetto come J. S. Bach si recò, non senza fatica visti i tempi, fino a Lubecca per sentire Buxtehude, o ad Amburgo per incontrare Reinken. E' una prassi comune, (alla quale anche chi scrive si è attenuto) il recarsi in "pellegrinaggio" presso accademie italiane ed estere per frequentare vari corsi di specializzazione, tenuti da illustri maestri, allo scopo di rafforzare la propria preparazione tecnico-artistica.
Possiamo quindi affermare che troviamo l'antefatto storico di ciò che si sviluppò nella vita musicale dell'Ottocento, quando si affermò il recital vero e proprio, pertanto il recital organistico non è figlio, ma padre del corrispettivo pianistico. Il figlio, si sa, non sempre assomiglia al padre, il pianoforte ad esempio rispetto all'organo, dispensò prima di tutto spettacolo. La "novità" introdotta nel romanticismo non era soltanto l'esibizione pubblica di un pianista, quanto lo show di un personaggio che sedeva davanti ad una potente macchina agitandosi alquanto, lasciando stupefatti gli intervenuti. Nel recital organistico odierno meno - visti i moderni mezzi tecnologici - ma in tempi meno recenti, l'esecutore specialmente se relegato in cantoria, non viene visto se non parzialmente dai presenti. Gli ascoltatori sono pertanto solo tali, e del rapporto visivo del virtuoso impegnato a comandare il "mezzo sonoro" hanno una conoscenza indiretta.
Il disco ci ha dimostrato che alcuni pianisti - forse per la natura stessa dello strumento - riescono a far trasalire sulla sedia anche solo attraverso il puro ascolto, pochi organisti invece arrivano a fare altrettanto. Risulta più semplice riconoscere ad esempio un pianista semplicemente dal tocco, dal suono che "cava" dalla tastiera, ma se due organisti eseguono sullo stesso strumento il medesimo brano con gli stessi registri, per identificare chi suona, bisogna prestare attenzione a ben altro.
La forma di intrattenimento musicale come noi la intendiamo risale all'Ottocento come dicevo sopra. Sempre nel medesimo periodo, grazie al potere della borghesia, la quale promosse la diffusione della cultura in tutti i settori, nascono le associazioni musicali, giungendo così all'idea imprenditoriale per questo tipo di attività legata all'arte dei suoni, mentre originariamente era appannaggio di mecenati più o meno facoltosi. Tutto questo fermento, favorì il sorgere delle orchestre stabili e, in riferimento al nostro strumento le numerose associazioni che operano ad esempio con il nome di Amici dell'organo. Nel frattempo, lo sviluppo dei mezzi di trasporto quali: ferrovie, navi e più avanti il veloce aereo, permisero di raggiungere i maggiori centri con maggiore celerità e sicurezza, favorendo il formarsi dei circuiti internazionali concertistici, in sostanza nacquero le tournées che videro i vari virtuosi spostarsi in lungo e in largo senza sosta, sottoponendosi a stress e tabelle di marcia a volte insostenibili. Di conseguenza, lo schema del concerto subì degli ammodernamenti dal punto di vista del repertorio, infatti il pubblico composito, desiderava impadronirsi di quella cultura che prima era stata prerogativa della nobiltà. Oltre a tutto questo, bisogna mettere in conto l'ampliarsi della richiesta di musica stampata, pertanto boom anche per l'editoria, per non parlare delle richieste di lezioni private o di insegnamento presso scuole prestigiose, in pianta stabile oppure temporanea, a seconda dell'accondiscendenza del singolo artista. I mutamenti di costume non avvengono per caso e neppure all'improvviso bensì sono la risposta di una trasformazione del gusto sia negli esecutori che nei fruitori. Si comincia seppur verso fine Ottocento a dare maggior peso al concetto di storicità, basti pensare all'utilizzo di strumenti ammodernati alle nuove esigenze e in secondo tempo il recupero-conservazione di quelli antichi, nasceva pertanto un nuovo modo di concepire il concerto pubblico. Diamo a questo scopo uno sguardo ai programmi eseguiti da alcuni concertisti stranieri ed italiani tra Ottocento-Novecento.
Nel 1878, per l'inaugurazione dell'organo Cavaillé-Coll della sala da concerto del Trocadéro di Parigi A. Guilmant proponeva:

- Haendel: Concerto in Sib
- Guilmant: Marche funèbre et chant séraphique
- Lemmens: Fanfare e Allegretto in si min.
- Bach: Toccata e fuga in re min.
- Chauvet: Marche en la
- Mendelssohn: Adagio dalla I Sonata
- Martini: Gavotta dalla XII Sonata
- Guilmant: Improvvisazione
- Haendel/Guilmant: Grand choeur

L'analisi del programma ci permette di osservare che il recital si fondava su musiche di compositori del momento, intercalati con altri dei periodi precedenti, classici o barocchi, forse per stuzzicare l'uditorio al gusto per l'antico, ma non penso ancora per educarlo al senso storico. L'organo del Trocadéro venne da allora usato per varie serie di concerti, Widor incluse la prima esecuzione della sua Sesta Sinfonia, Saint-Saëns suonò di Liszt la Fantasia Ad nos, ad salutarem undam e la sua trascrizione La prédication aux oiseaux, diversi suoi lavori e il Preludio e fuga in Mib di Bach. Franck propose i suoi Fantasie en la, Cantabile, Piece heroïque e improvvisazioni. Guilmant eseguì l'orchestrazione della sua I Sonata op. 42, mentre Lemmens nel suo programma del 1878 includeva le proprie Sonata pontificale e Grand Fantasia (The storm). Definito artistico, serioso e calorosamente applaudito il recital tenuto da Clarence Eddy, organista di Chicago:

- Bach: Toccata e fuga in re min.
- Dudley Buck: Sonata in G min. op. 77
- Isaac van Vleck Flager: Variations on an American Air
- Guilmant: Concert piece op. 21
- Widor: Adagio da VI Sinfonia
- Dubois: Cantilène nuptiale
- C.L.Thiele: Theme and Variations

Conformemente il programma eseguito da J. Jongen il 26 luglio 1901 presso la sala del Conservatorio di Liegi:

- Liszt: Fantasia Ad nos (I esecuzione in Belgio)
- Franck: Cantabile
- Radoux: Elevation
- Schumann: Pièce in forme di canone
- Franck: Fantasie
- Bernard: Scherzo caprice
- Jongen: Pastorale
- Bach: Choral
- Widor: Finale dalla V Sinfonia

Presso il Wanamaker Auditorium di New York il 1 febbraio 1927 L. Vierne contrapponeva due soli autori, Bach e se stesso:

- Bach: Toccata e fuga in re min.
- Bach: Chorale Preludes: My heart lies heavy within me e In thee is joy
- Vierne: Six pieces in free style e Adagio e Finale (da I Sinfonia)

In Italia in particolar modo siamo nel periodo del trionfo del melodramma, pertanto era ancora fortemente radicata l'abitudine di trascrivere e di riportare sull'organo, di concezione ancora bandistica, le arie ed ouverture maggiormente in voga. Più tardi e spesso ad opera degli autori appartenenti alla cosiddetta scuola ceciliana, qualche pagina di autori antichi, magari stranieri, insaporisce il tutto donando un pizzico di ricercato arcaismo.
Il 26 dicembre 1893, M. E. Bossi inaugura il rifacimento dell'organo Callido in S. Marco a Venezia ad opera della ditta Trice-Anelli con questo programma:

- Bach: Preludio e fuga in Mib
- Arcadelt: Ave Maria
- Frescobaldi: Fuga in la
- Bossi: Noel e Allegretto
- Rheinberger: Intermezzo da Sonata VIII
- Mendelssohn: I tempo da Sonata III
- Bach: Toccata adagio e fuga
- Schumann: Canone n. 6 op. 56
- Bossi: Studio sinfonico

Siamo di fronte generalmente al concertista-compositore, pertanto l'usanza di inserire proprie opere è una consuetudine, si venne così a formare il gusto estetico delle generazioni successive.
Così il friulano V. Franz a Gorizia (chiesa Metropolitana), inaugurava lo strumento Zanin il 25 luglio 1901:

- Bach: Preludio e fuga in sol magg.
- Martini/Bossi: Aria con Variazioni
- Guilmant: Pastorale - Adorazione - Gran Coro
- Mendelssohn: Sonata IV
- Franz: Trio - Vivace ma non troppo
- Bossi: Ave Maria - Scherzo in sol min.

Questo il programma presentato il 25 ottobre 1928 da Oreste Ravanello al concerto d'inaugurazione dell'organo Mascioni per la Basilica dei Frari a Venezia collocato in abside a tergo della celebre pala del Tiziano rappresentante l'Assunzione di Maria Vergine:

- Bach: Corale Vom Himmel hoch e In dulci jubilo
- Frescobaldi: Dalla Messa delli Apostoli: Toccata per l'Elevatione
- Pachelbel: Toccata e Pastorale
- Händel: Concerto op. 4 n. 1 in sol minore/maggiore
- Mozart: Andante religioso
- Marcello: Cantabile
- Rameau: Cinguettio d'uccelli (Le Rappel des Oiseaux)
- Liszt: Trenodia
- Bossi: Momento mistico
- Ravanello: Scherzo in re minore e Finale su "Lauda Sion"

Similare ai precedenti (come concetto) il programma svolto da R. Manari il 22 marzo 1933 per il concerto d'inaugurazione dell'organo Mascioni del Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma:

- Frescobaldi: Toccata avanti la Messa degli Apostoli e Canzone il sol
- Pasquini: Pastorale
- Bach: Passacaglia
- Franck: III Corale
- Manari: Scherzo (I esecuzione)
- Karg-Elert: Leggenda del lago
- Manari: Fantasia siciliana

In taluni casi gli esecutori sono più d'uno che si alternano alla consolle. Inaugurazione dell'organo Bernasconi (4 dicembre 1904) presso la Collegiata di S. Giovanni Battista in Finalmarina, si tratta di M. E. Bossi, L. Cervi, S. Carrara:

- Mendelssohn: Sonata I op. 65 (Carrara)
- Spadano: Ripieno corale
- Bach: Toccata e fuga in do (Bossi)
- Bossi: Chant du soir
- Dubois: Fiat lux (Cervi)
- Rheinberger: Intermezzo dalla IV Sonata (Carrara)
- Guilmant: Rêve e Minuetto da VII Sonata (Bossi)
- Saint-Saëns: Bénediction Nuptiale (Cervi)
- Bossi: Scherzo, Ave Maria, Alleluia (Bossi)
- Franck: Pastorale, Finale (Bossi)

Altra consuetudine ad esempio era quella di mescolare brani originali con trascrizioni proprie o altrui di celebri pezzi sinfonici o mutuati dal pianoforte, così M. E. Bossi in Duomo a Vicenza il 14 settembre 1924 metteva insieme il suo programma:

- Mendelssohn: Sonata III
- Bach: Preludio e fuga in Re
- Ravanello: Contemplazione
- Bossi: Reverie, Minuetto Musetta per organo e violoncello
- Liszt: La predica di S. Francesco agli uccelli
- Debussy: La fanciulla dai capelli di lino
- Wagner: Brani dal Parsifal

Altro problema veniva dato dalle opere dei grandi compositori di fine Ottocento, Max Reger ad esempio, veniva giudicato dai più ineseguibile oltre che incomprensibile. Altro limite veniva dato dalla durata di certe composizioni di largo respiro. Se prendiamo ad esempio opere come: Ad nos ad salutarem undam di Liszt, Grande pièce symphonique op. 17 di Franck, Sonata su Salmo 94 di Reubke, Saul di Stehle, la capacità per un orecchio medio di seguire una composizione che dura di media venticinque minuti, mette a dura prova l'attenzione di chiunque, oltre ovviamente la tenuta psico-fisica dell'esecutore. Possiamo per così dire che era nato sì il concerto, sostenuto da un solo virtuoso esecutore, ma non ancora il recital includente un programma di concreto peso storico.
Una effettiva metamorfosi epocale, si può registrare con gli interpreti nati verso la fine dell'Ottocento, quando si venne a consolidare l'opinione che l'interpretazione non doveva essere troppo soggettiva ma in funzione del testo trasmessoci dall'autore. Da questo concetto sorge una posizione culturale che è tuttora in evoluzione, si tratta di un pensiero se vogliamo limpido, ma in cosa consiste l'attendibilità storica e chi può considerarsi possessore di verità assolute? Quante volte abbiamo letto aspre critiche su un esecutore perchè trasfigurava tutto a propria immagine e somiglianza, oppure proponeva delle musiche altrui in modo troppo individualistico o peggio senza curarsi della cosiddetta interpretazione filologica? Dobbiamo anche ricordare che le passate generazioni ritenevano che il clavicembalo della Wanda Landowska fosse il vero strumento, ed altresì che il testo musicale depurato dalle peccaminose revisioni ottocentesche fosse una fonte affidabile, attualmente sappiamo che non è così. Gli studi compiuti nel Novecento e tuttora in corso, hanno smontato queste labili concezioni, sviluppando su basi scientifiche le linee guida della prassi esecutiva antica e successivamente affidandone l'esito ammirabile in incisioni sicuramente ben curate. Il lavoro compiuto dagli esecutori vissuti a cavallo tra Ottocento-Novecento è stato comunque encomiabile: privilegio incondizionato alla monumentale opera del Cantor di Lipsia, rivalutazione di autori del passato appartenenti a diverse scuole, scoperta dei musicisti contemporanei, ridimensionamento dell'aspetto puramente spettacolare, e soprattutto l'applicazione di leggere il passato - seppur con delle manchevolezze - alla luce di quanto si conosceva del passato e non nell'ottica del presente. Personalmente sono del parere che il recupero storico novecentesco sia stato per la maggior parte teorico, seppure ha contrassegnato con il suo operare punti essenziali dell'interpretazione, termine questo ultimo che in questo caso mi sentirei di sostituire con quello più consono di recupero o ricostruzione. In questa ottica a dire il vero, anche ciò che non è propriamente meritevole viene riportato alla luce, si tratta di un massiccio processo che dura all'incirca da un secolo e che coinvolge in primis il pubblico quanto mai avido di riscoperte culturali più che della genuina qualità in sè. La filologia, si è estesa al recupero degli strumenti oltre che ai procedimenti esecutivi e alla ricostruzione dei contesti culturali, però mi sembra che oggi si sia meno desiderosi di conoscere la storia ed invece vi sia più orientamento a rincorrere il mito del grande solista. Nel recital in sé, non si riesce più a scorgere un reale interesse se non è eseguito da un nome sulla breccia, di conseguenza se i concertisti non si adeguano ai tempi e alle leggi di mercato, è destinato a sparire o di essere molto limitato. Il calo altresì delle risorse finanziarie messe a disposizione agli enti preposti all'organizzazione di eventi culturali, non gioca certo a favore. A mio avviso comunque è un bene che il pubblico sia cambiato, spero facciano altrettanto i musicisti.



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