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I Gavioli, facteurs d'orgues (de barbarie) à Paris

di Federico Borsari




I personaggi che trattiamo oggi non sono molto noti al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori. Se chiediamo di loro ad un modenese, la risposta sarà: "una famiglia di orologiai"; se lo chiediamo ad un francese -ammesso che lo sappia- risponderà che furono tra i migliori organari francesi dell'Ottocento e, infine, se lo chiediamo ad un organaro, verranno definiti come "gli inventori del freno armonico". Quale di queste risposte rappresenta più correttamente questa famiglia? La risposta è semplice: tutte.
Di questa stirpe il più conosciuto fu senz'altro Lodovico Gavioli, figura assolutamente geniale nel campo della meccanica, della fonica e di tante altre discipline che egli, apprendendole già da bambino nel laboratorio del padre, sviluppò ed elaborò in modo assolutamente particolare, diventando uno dei personaggi più famosi del panorama scientifico europeo dell'Ottocento.
Ma per approfondire l'argomento dobbiamo partire da più lontano.
 Lodovico Gavioli Agli inizi dell'Ottocento, a Cavezzo -nell'allora Repubblica Cispadana, che nel 1815 dopo la Restaurazione tornerà ad essere il Granducato di Modena e Reggio e che oggi si trova in Provincia di Modena- troviamo un certo Giacomo Gavioli. Egli, di professione fabbro e falegname, si dedica principalmente alla costruzione di carri (soprattutto di quei calessi monoposto che allora si utilizzavano per le corse al trotto) ma il suo "pallino" per i più svariati aspetti della meccanica (che per quei tempi potevano essere considerati come "tecnologia avanzata") lo porta ad interessarsi ad un sacco di altre cose, tanto da diventare esperto orologiaio, valente fonditore (soprattutto di campane), abile fabbricante di terrecotte smaltate ed, infine, un apprezzato costruttore di organi.
Nel 1807 -il 5 di Agosto- nasce suo figlio, Lodovico, che fin da bambino dimostra uno spiccatissimo interesse non solo per la meccanica ma, anche per la musica e la fisica e comincia a frequentare la bottega del padre dove, all'età di soli nove anni, costruisce egli stesso, di nascosto dopo aver osservato quelli realizzati dal padre, un orologio di legno perfettamente funzionante.
Nel 1818, dopo la Restaurazione e ripristinato il Granducato di Modena e Reggio sotto il governo di Francesco IV d'Asburgo-Este, tutta la famiglia si trasferisce a Modena, dove Giacomo, chiamato da un suo parente (Luigi Gavioli) che esercitava l'attività di orologiaio del Comune, apre una sua bottega, anch'essa di orologiaio, che come prima insegna reca "Giacomo Gavioli, fabbricatore e ristauratore d'orologi a ripetizione da torretta all'uso di Germania" ma che solamente dieci anni dopo già si è trasformata in "Giacomo Gavioli, fabbricatore e venditore di cariglioni e di organi", e questo la dice lunga su quelli che erano i veri interessi della sua attività. Nel frattempo il giovane Lodovico si perfeziona lavorando nell'officina del padre e realizzando, all'età di sedici anni, un orologio musicale con meccanismo azionato da pesi collegato ad una suoneria (costituita da un piccolo organo di due registri di ventidue canne ciascuno azionato da rulli dentati che possono suonare ben otto motivi diversi) che suona le ore ed i quarti d'ora. La svolta avviene nel 1830, quando -a soli 23 anni- Lodovico presenta alla Reale Accademia delle Scienze di Modena il prototipo di un nuovo sistema di macchina per orologio a pendolo di concezione rivoluzionaria, azionato da un solo peso e con sole due ruote, con suoneria di ore e quarti d'ora; la semplicità e la perfezione del meccanismo (che consentono di avere pochissime parti in movimento rispetto agli orologi del passato e, di conseguenza, minori attriti e risparmi nella manutenzione) gli valgono da una parte l'encomio dell'Accademia e, dall'altra, una notevole notorietà nell'ambiente scientifico ed un grande incremento dell'attività artigiana, tanto che -lasciata l'officina paterna- fonda una sua bottega che intraprende un'intensa attività soprattutto come costruttore di orologi da torre.
Nell'arco dei successivi ventitre anni l'attività della ditta è molto intensa e non riguarda solamente la realizzazione di diversi orologi da torre, ma anche la progettazione di nuovi meccanismi, sempre più raffinati e sofisticati (riguardanti soprattutto i meccanismi a pendolo, il perfezionamento degli scappamenti e, in particolare, un meccanismo autoricaricante che funzionava senza la necessità di ricarica da parte dell'uomo), che gli valgono una decina di premi ed alti riconoscimenti da parte di diverse Accademie delle Scienze non solo italiane, ma anche estere (soprattutto francesi e svizzere), molti di essi coronati da brevetti internazionali che fanno di Gavioli una personalità importante nel panorama scientifico europeo. Ma, come era accaduto per il padre, anche Lodovico ha orizzonti molto più ampi, che vanno ben oltre la meccanica di orologeria.
 Lodovico Gavioli Gavioli, come abbiamo visto, già fin dalla fanciullezza era anche appassionato di musica (ricordate il suo primo orologio che aveva come suoneria un organo di due registri?) e questa sua passione -unita a quella per la meccanica- fece rivolgere le sue attenzioni a quella che oggi si chiama "musica meccanica" ma che allora era rappresentata, principalmente, dai cosidetti "Organi di Barberia", cioè quegli organi che venivano azionati da cilindri dentati che azionavano i tasti. Gavioli si appassionò talmente a questo tipo di strumenti (il cui nome "di Barberia" derivava da un altro modenese, un certo Barbieri, a cui ne è attribuita l'invenzione) che cominciò non solo a produrli ma, anche, a perfezionarli ed arricchirli di suoni di tutti i tipi (trombe, viole, violini, tamburi, campanelli, percussioni e quant'altro), arrivando ad ideare, progettare e produrre strumenti di dimensioni ragguardevoli. Nello stesso tempo, si dedicò anche all'ideazione di nuovi tipi di strumenti meccanici tra cui una intera serie di violini che suonavano azionati da congegni meccanici di altissima precisione. In questo campo, furono soprattutto due le "meraviglie" che egli realizzò. La prima era un cosidetto "automa", cioè un congegno meccanico di estrema complessità che, ricalcando le forme umane (e, ovviamente, rivestito con abiti adatti allo scopo), suonava l'arpa. Questo automa -chiamato "David" e realizzato nel 1838- si presentava come un suonatore d'arpa seduto su di una sedia. Quando si azionava il meccanismo, questo automa iniziava a respirare e si comportava esattamente come un vero suonatore di arpa; allungava le braccia, afferrava l'arpa, la tirava tra le sue gambe, alzava il viso verso l'alto e chiudeva gli occhi (come a cercare l'ispirazione) dopodichè le sue mani e le sue braccia scorrevano avanti e indietro sull'arpa mentre le dita si muovevano con precisione pizzicandone le corde e suonando una celebre aria tratta da un'opera di Rossini. Una volta terminato il brano, l'automa riapriva gli occhi, abbassava il viso, rimetteva l'arpa al suo posto e, infine, poggiava le braccia sulle gambe tornando nella posizione iniziale. La seconda meraviglia fu un "polistrumento" meccanico, denominato "Panarmonico" (realizzato nel 1843) che era azionato da due cilindri che facevano suonare un insieme in cui erano presenti tutti gli strumenti a fiato dell'orchestra. Questo strabiliante strumento fu lodato dall'Accademia delle Scienze di Modena, ottenne un'entusiastica recensione sulla Gazzetta Musicale di Milano, fu apprezzato in modo particolare da Rossini e riscosse lusinghieri apprezzamenti (e richieste) dall'estero, soprattutto dalla Francia. A questo punto, la targa che sormontava l'officina modenese di Gavioli recitava così: "Officina meccanica di Lodovico Gavioli, orologiaio e fabbricante di organi e cariglioni nella Piazzetta della Torre di Modena, che può fabbricare orologi da torre e da camera, batterie à musique, fisarmoniche, pianoforti a cilindro ed organi a trombe, automi di qualunque sorta ed altre macchine diverse,".
E' curioso, a questo punto, riscontrare come, nonostante tutti i complimenti e gli apprezzamenti che abbiamo visto, anche allora -come oggi- il territorio italico si dimostrò ingrato nei confronti di questo geniale inventore. Sia il "David" che il "Panarmonico" furono infatti lodatissimi da tutti, tanto che il Duca di Modena volle ascoltarne l'esibizione nel cortile del Palazzo Ducale al termine della quale rivolse calorosi complimenti a Gavioli ma -contrariamente alle aspettative di quest'ultimo- non gli riconobbe neppure un Ducato di premio, limitandosi a conferirgli una medaglia d'oro e la nomina -più che altro onorifica- di "Meccanico di Corte". Ma fu una disavventura con Puccini (e qui stiamo parlando di Michele Puccini, anch'egli musicista e padre del ben più famoso Giacomo) che convinse definitivamente Lodovico (che già era stato allettato da interessanti offerte) a trasferirsi a Parigi. Anche Puccini, infatti, rimase sorpreso dalla bellezza del "Panarmonico" e ne commissionò uno per la sua tenuta di campagna. Nel contratto, Puccini e Gavioli concordarono un prezzo ma Puccini disse che Gavioli avrebbe potuto sbizzarrire tutta la sua creatività, assicurando che non avrebbe posto limiti alla spesa. Lo strumento che Gavioli realizzò per Puccini fu, quindi, una versione molto elaborata e molto più ricca di strumenti rispetto al prototipo e la spesa finale superò di molto quella concordata a contratto. Puccini, rimangiandosi la parola data, si rifiutò di pagare tale somma e Gavioli si dovette tenere lo strumento per cui aveva speso una notevole mole di lavoro. A questo proposito è interessante ciò che dice A.G.Spinelli in un suo testo: "...quando il Puccini, ricco a milioni, osò respingere la creazione dell'artista modenese, per eccezione di denaro, dopo che gli aveva dato larga assicurazione di non calcolare la somma che fosse per occorrere, purchè il Panarmonium riuscisse ad onorare l'Italia e l'artista; sembrava lo volesse di tale valore musicale da reggere al confronto della principesca villa nella quale doveva essere collocato.".
Ovviamente, non fu questa la causa principale per cui Lodovico Gavioli emigrò, ma sicuramente pesò molto sulla decisione che egli prese, verso il 1850, di trasferirsi, assieme alla sua attività, a Parigi, dove gli strumenti meccanici erano allora apprezzatissimi e richiestissimi e dove aveva già diversi estimatori che gli avevano spianato la strada e dove, per prima cosa, presentò il "Panarmonico" (in origine costruito per Puccini) a Napoleone III che -seduta stante- glielo comprò pagandone senza battere ciglio l'intero costo. Comincia così, dopo aver lasciato il padre Giacomo a Modena a gestire un piccolo laboratorio meccanico, l'avventura europea di Lodovico Gavioli.
 Lodovico Gavioli Alla metà dell'Ottocento, dunque, Lodovico -che nel frattempo si era sposato (nel 1829) con Domenica Tirelli e dalla quale aveva avuto tre figli (Anselmo, nato nel 1830, Claudio, nato nel 1833 ed Enrico, di cui non si conosce la data di nascita)- lascia la penisola italiana e si trasferisce a Parigi con tutta la famiglia. Per la verità, pare che alcuni anni prima (nel 1846) avesse anche tentato -senza fortuna- la via dell'Inghilterra, dove aveva cercato di "piazzare" il suo "Panarmonico" (che in quell'occasione prese il nome di "Stratarmonica") ma da cui era dovuto ben presto ritornare a mani (e tasche) desolatamente vuote. Di quel suo soggiorno londinese rimane un'illustrazione (forse l'unica in cui compare questo strumento) che ne raffigura l'esibizione in una pubblica piazza; molto interessante il fatto che sullo strumento non compare il cognome Gavioli ma, solamente, la dicitura "Ludovico di Modena".
Arrivato a Parigi, Gavioli si sistema subito bene ed inizia, assieme al figlio Anselmo (che aveva rivelato anch'egli fin da giovanissimo una spiccata attitudine per la meccanica, la fonica e la musica), un'intensa attività, ovviamente dedicata a quegli organi "da strada" che lo avevano tanto appassionato già in Italia. Ma è la sua attività di ricerca che appare subito piena di successi; in effetti Lodovico -insieme al figlio- si propone di risolvere quello che forse è il problema più grande di questo tipo di strumenti. In effetti, al contrario degli organi da chiesa, quelli da strada devono funzionare in aree vaste, all'aperto e -soprattutto- piene di gente che parla, urla e produce molto rumore ed è chiaro che le timbriche degli organi da chiesa (che operano solitamente in ambienti silenziosi) non sono adatte; bisogna fare in modo che la forza fonica di questi strumenti sia molto maggiore (anche il doppio o il triplo) in modo che il loro suono rimanga ben percepibile e riesca a sovrastare il rumore ambientale. Per ottenere questo risultato, Lodovico ed Anselmo Gavioli si dedicano a profondi studi che riguardano la metodologia di costruzione delle canne, la loro intonazione, le caratteristiche della manticeria, le meccaniche dei somieri e tutti quegli aspetti che consentono loro -a partire dal 1852, anno in cui ottengono il primo brevetto (n. 7969 del 29 Novembre) relativo a tre nuovi tipi di canna d'organo- di rivoluzionare totalmente le tecniche di costruzione di quelli che da piccoli organi di Barberia da trasportarsi a spalle quali erano, diventano vere e proprie macchine musicali di enormi dimensioni, capaci di sostituire un'orchestra intera e dall'impressionante potenza di suono.
Non staremo qui a descrivere per filo e per segno la stupefacente carriera di questi geniali organari; ci limiteremo a citare alcune tappe della loro attività come, ad esempio, l'incorporazione della ditta di un altro organaro italo-francese di quel tempo (Antonio Corvi) e la joint-venture con un appassionato finanziatore (Prosper Charles Vincent Yver) che portarono la ditta ad assumere il nome di "Gavioli et C.ie", il decennio di collaborazione con la ditta di pianoforti Pleyel (della quale, dal 1856 al 1858, fu anche direttore tecnico, contribuendo ad elaborare alcune importanti innovazioni sui movimenti di scappamento), gli otto brevetti di nuovi dispositivi collezionati in soli sei anni, l'invenzione di un nuovo apparato di manticeria che consentiva di fornire ai suoi organi (che nel frattempo avevano adottato la trasmissione pneumatica) un'impressionante quantità d'aria compressa che ne consentiva un funzionamento ai limiti della perfezione, la realizzazione di diversi nuovi strumenti meccanici ("Harmonipan", "Uniflute", "Orgue à Trombonne", "Meloton", "Guitharmonie", eccetera) e la costante espansione della sua fabbrica, che cambiò per diverse volte indirizzo per trasferirsi in locali sempre più grandi. Risalgono a questo periodo alcuni tra i migliori organi da strada dei Gavioli (che spesso erano accompagnati da una specie di "salone delle meraviglie" che altro non era che un passaggio all'interno dell'organo, dove erano sistemati automi in movimento, giochi di specchi, effetti di luce e tanti altri effetti meccanici che letteralmente stupivano il pubblico -pagante, ovviamente- che lo attraversava). Di questi strumenti ne rimangono ancora molti, tutti conservati e tuttora funzionanti, in diversi musei degli strumenti musicali di tutta Europa. Di seguito ne potete apprezzare le performances:

Il primo è un cosidetto "Organo a Trombe", di cui Lodovico era esperto costruttore già nella sua bottega di Modena. In questo video possiamo apprezzarne non solo il suono ma, anche il funzionamento "dietro le quinte":



Nel secondo video potete ascoltare un grande Gavioli all'opera durante un "happening" molto rumoroso; come potrete notare, il suo suono è talmente potente da coprire anche il rumore di diverse macchine a vapore in movimento nelle vicinanze:



E, per finire in bellezza, il più grande, il "Gavioliphone", in una performances di quasi 25 minuti in un ambiente assolutamente a lui confacente e molto simile a quello per cui è stato realizzato:



Alla fine del 1866 Lodovico Gavioli decide di ritornare in Patria e, lasciato il suo posto nell'azienda parigina al figlio Anselmo, ritorna a Modena (che da pochi anni era entrata a fare parte del Regno di Sardegna), anche per poter assistere il padre, anziano e malato. Egli è ormai una personalità affermata a livello europeo ma non ha dimenticato la sua origine di "orologiaio" e, appena arrivato, decide di fare dono -in onore alle sue origini- al suo paese natale -Cavezzo- ed alla città di Modena di due nuovi orologi da torre in sostituzione di quelli esistenti, ormai quasi inutilizzabili. Poichè in Italia -allora come oggi- "nemo propheta in patria", la risposta del Comune di Cavezzo all'offerta di Lodovico a tutt'oggi (Luglio 2016) deve ancora arrivare. Diversa fu invece l'accoglienza da parte di Modena, che accettò con entusiasmo l'offerta. Fu così che il 10 Maggio 1868 il nuovo orologio fu installato e cominciò a funzionare (ed è in funzione ancora oggi).  Lodovico Gavioli Questo orologio è considerato dagli esperti come un vero e proprio capolavoro dell'arte dell'orologeria; esso comprende tutte le innovazioni che Gavioli aveva applicato nei decenni precedenti ed univa ad una precisione quasi cronometrica un'estrema facilità di regolazione e di manutenzione. Per poterlo regolare con precisione, inoltre (poichè l'Istituto Galileo Ferraris -ora Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica- che fornisce l'ora esatta per tutta l'Italia verrà fondato a Torino solamente 66 anni dopo), questo orologio si avvaleva di un sistema antichissimo ma efficacissimo: una meridiana solare, che attraverso un foro nel muro proiettava un raggio di luce su di una linea graduata tracciata sul pavimento della cella dell'orologio. Questo orologio è dotato di due quadranti esterni, ognuno dei quali azionato mediante meccanismi (in metallo per il più grande e di legno per il secondario) di assoluta precisione (purtroppo il secondo quadrante è oggi azionato da un movimento elettrico autonomo). Quest'orologio fu l'ultima realizzazione di Lodovico Gavioli, che morì a Modena nel Giugno 1875, appena tre mesi dopo la morte dell'anziano padre.
Ma la storia dei Gavioli non è affatto terminata e ci riserva ancora molte sorprese. Torniamo quindi a Parigi e vediamo cosa accade nel frattempo alla ditta del figlio Anselmo.
Anselmo, dopo aver rilevato la quota societaria del padre, assieme al figlio Lodovico Junior continuò a gestire la fabbrica, continuando a produrre eccezionali strumenti ed incrementando il numero di brevetti non solo nel campo della musica meccanica, ma anche in altri campi molto diversi. Il periodo più difficile fu, senz'altro, il biennio 1870-1871, quando la guerra -perduta malamente- che la Francia intraprese con la Prussia ed il concomitante periodo della "Comune di Parigi", con la conseguente sanguinosissima repressione, portarono alla nascita della Terza Repubblica Francese. In quegli anni, caratterizzati dall'assedio di Parigi da parte dell'Esercito Prussiano, pare che Gavioli abbia contribuito alla costruzione di quei sessantasei "Ballons Montés" (cioè mongolfiere con equipaggio) che -con alterne fortune- consentirono alla città di Parigi, trasportando circa diecimila chili di posta, di mantenere i contatti con il mondo esterno. Quest'attività di costruzione "aeronavale" di Gavioli è testimoniata dal fatto che egli, l'anno seguente, nel 1872, brevettò un suo progetto di nuova mongolfiera per viaggi aerei con equipaggio.
 Lodovico Gavioli Ma tra tutte le "invenzioni" che Anselmo Gavioli realizzò nel periodo tra il 1872 ed il 1901 (quando la fabbrica venne chiusa), quella che più è ricordata nel campo anche dell'organaria "classica" è il cosidetto "Freno Armonico", ancora oggi ampiamente usato, in particolare sulle canne dei registri di diametro stretto (i cosidetti "violeggianti"). La nascita di questo accorgimento ha origine dalla necessità di risolvere il problema dell'emissione dei suoni armonici nelle canne d'organo. Nelle pagine dedicate alla tecnica abbiamo già accennato al fatto che tutte le canne d'organo, sia al momento dell'emissione del suono (in quel periodo, misurabile in millisecondi, in cui il suono -come si dice- va a regime) che durante l'emissione regolare dello stesso, producono una grande quantità di suoni armonici. Questa caratteristica si evidenzia soprattutto quando la pressione dell'aria è molto forte (e negli organi da strada la pressione è anche il triplo di quella di un organo da chiesa) e, pertanto, risulta indispensabile adottare accorgimenti che stabilizzino e regolino l'emissione di questi suoni "derivati". A proposito dell'invenzione del freno armonico ci sono alcune discussioni tra addetti ai lavori, poichè in Francia si dice che il primo inventore sia stato Cavaillé-Coll. Forse egli inventò davvero un dispositivo che otteneva questi risultati, ma la realtà storica documentale ci dice che il brevetto non fu concesso a Cavaillé-Coll (che forse neppure lo chiese mai), bensì a Gavioli, e si tratta del brevetto n. 113577 del 3 Luglio 1876, conosciuto in tutto il Mondo con il nome di "Sistema Gavioli" e che consiste, in buona sostanza, in una lamella di ottone ripiegata che, fissata inferiormente al piede o superiormente al corpo della canna, va a "rompere" il flusso d'aria che esce dalla bocca della canna.
Tra le altre innumerevoli innovazioni dei Gavioli (e qui entra in campo il fratello di Anselmo, Claudio, anch'egli titolare di una fabbrica di strumenti meccanici -in questo caso parliamo di pianole ed harmoniums), molto interessante è la modifica e standardizzazione del sistema a cartoni perforati pieghevoli in sostituzione dei tamburi dentati. Se in precedenza la durata dei brani musicali degli organi meccanici era determinata dalle dimensioni (diametro) del tamburo dentato (e, per grande che fosse il tamburo, la durata non poteva superare la decina di minuti), con il perfezionamento che i Gavioli applicarono ai cartoni perforati (ripiegandoli a fisarmonica si potevano ottenere serie di brani in sequenza che potevano durare anche più di mezz'ora) gli strumenti meccanici diventarono perfette macchine da musica; negli ultimi anni di attività, inoltre, grazie all'avvento dell'elettricità per illuminazione, ai "cartoni" vennero aggiunte anche speciali "tracce" che servivano ad accendere e spegnere -a seconda dell'andamento della musica- serie di lampadine elettriche multicolori, creando veri e propri spettacoli di "Sons et Lumières".
La fama che la fabbrica Gavioli si fece in tutto il Mondo fece anche si che le venissero attribuite invenzioni non sue. Molti, ad esempio, le attribuiscono anche l'invenzione del rullo di carta perforata azionato da meccanismo pneumatico (si tratta di un radicale miglioramento del sistema a cartoni ripiegati) ma quest'invenzione non è di Gavioli, bensì di Emil Welte (la prestigiosa fabbrica tedesca a cui si deve la realizzazione dei fantastici organi a rullo "Welte-Philarmonie"), che la brevettò nel 1883.
La fine della fabbrica Gavioli avvenne nel 1901, dopo che il fabbricato che la ospitava fu interessato da un crollo strutturale e dopo che uno dei suoi tecnici più bravi (Charles Marenghi) l'aveva lasciata per fondare una propria attività. Pare che la ditta sia stata acquistata da un imprenditore che la trasformò in una fabbrica di aspirapolvere. Anselmo Gavioli muore l'anno dopo, nel Dicembre 1902, lasciando a succedergli due figli, Paul (che non ebbe figli) e Louis, che ebbe tre figli, tra i quali abbiamo l'ultima discendente di questo ramo francese, Andrée, nata a Parigi nel 1891 ed ivi deceduta nel 1960.



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